Quelle che come me vanno in vacanza sui laghi del nord Italia
sono abituate a confrontarsi con i turisti provenienti dal nord Europa ed in
particolare dalla Germania.
Quando eravamo ragazzine passavamo le mattinate a decidere
cosa indossare il pomeriggio in spiaggia per fare colpo sui ragazzi della “compagnia”,
come pettinarci, come profumarci, insomma come cercare di essere più attraenti;
immancabilmente loro, i ragazzi, non avevano occhio che per l’ultima tedeschina
arrivata, rigorosamente bionda, slanciata e snella. La tedeschina in compenso
non se li filava, le tedesche in generale non se li filavano e passavano il
tempo tra sci d’acqua, wind surf, e canoa mentre quelli si esibivano in tuffi
dal pontile tanto inenarrabili quanto pericolosi. Tra una spanciata e l’altra
finiva il mese di luglio e ad agosto le scuole in Germania riaprono, quindi via
le tedeschine: tuffi e sforbiciate tornavano ad essere per noi, anche se more,
basse e cicciottelle.
Qualche anno dopo cominciammo anche noi a guardare la concorrenza
(con l’età avevamo capito che il nemico, per sconfiggerlo, bisogna conoscerlo)
e fu allora che scoprimmo che in realtà le avvenenti signorine teutoniche di
difetti ne avevano, eccome.
Innanzitutto non si depilavano, per niente; certo avevamo il
vantaggio del pelo biondo, però insomma, a guardarle da vicino facevano un po’
impressione.
In secondo luogo avevano un pessimo gusto nel vestire, non è
una novità, ma per noi diciottenni non era poi così scontato.
Terzo si cibavano con piatti improbabili come
spaghetti con la marmellata o poc corn sale e zucchero.
Certo loro partivano con un indiscutibile vantaggio, ma a
colpi di sedute dall’estetista, parrucchiere e abiti di un certo gusto ci siamo
ad un certo punto illuse di averle, se non superate, almeno affiancate. Forse parte
del successo era dovuto al fatto che i maschi si erano resi conto che quattro
tuffi non erano più sufficienti per far colpo, che un minimo di conversazione era
indispensabile e che l’unico di loro che poteva esibire un inglese da soggiorno
studio a Dublino non era esattamente il più avvenente (e comunque scomodo da
portarsi dietro come traduttore).
Con un salto temporale degno di doc Brown (gli anni saltati
sono quelli delle vacanze con gli amici e in giro per il mondo, quando si
passava dal lago giusto per salutare la mamma un paio di week end) ci siamo
ritrovate, noi e le tedesche, mamme in spiaggia. E qui scattano i confronti, di
nuovo.
Noi un paio di figli a testa, loro dai tre in su;
I nostri abbronzati con il segno dei braccioli, i loro senza
braccioli ma bianchi come cenci per via delle manate di crema solare non
assorbita.
Noi che litighiamo perché i pargoli attendano le rigorose tre
ore dopo il pasto per fare il bagno; loro che li nutrono a merendine e patatine
fritte e poi li scaraventano subito nell’acqua gelida del lago, dove non toccano,
senza braccioli o salvagente.
Noi che urliamo ordini ai quattro venti e facciamo i turni
per controllare che i bambini giochino in riva con la testa all’ombra, il corpo
al sole, i piedi a bagno, ma con l’acqua che non superi il livello delle
caviglie; loro a cui basta uno sguardo perché i figli, piantati nella sabbia
come cactus nel deserto, obbediscano senza discussioni.
Noi che arriviamo in spiaggia cariche come degli sherpa tra
asciugamani, cambi e ricambi, merende e succhi, giochi, braccioli e tavolette;
loro che se la cavano con uno zainetto a testa, figli piccoli compresi.
E si potrebbe continuare all’infinito. Devo dire che prima di
avere i figli, quando mettevo a confronto le mamme italiane e quelle tedesche,
pensavo che sarei diventata come queste ultime (peli a parte), ma adesso è
tutta un’altra storia, faccio la sherpa, urlo ordini e metto i braccioli (in
piscina si mettono all’entrata e si tolgono all’uscita, del centro balneare,
non della vasca).
Quest’anno, al lago, è arrivato un elemento nuovo che rischia
di sbilanciare gli equilibri sviluppati in tanti anni di convivenza; quest’anno,
forse complice la crisi in Europa, al lago è comparsa una nuova specie: la
mamma francese.
Madre prolifica, anche più della tedesca, figli educati e
silenziosi (non come i teutonici che non capiscono che non possono tuffarsi a
bomba di fianco ad un bimbo di tre anni che impara a nuotare), figlie efebiche
con abitini deliziosi e, ho controllato, curata e depilata; insomma sembrerebbe
sfiorare la perfezione. Forse serviranno altri venticinque anni per trovare
qualche difetto alla francese, e magari noi e le tedesche ci alleeremo in
questo.
p.s. se trovate qualche “svarione” in queste righe è perché ho
scritto il tutto con Barbaforte sotto il tavolo che cantava giocando con Mister
Potato, ho provato a guardarlo intensamente come la tedesca, ma ogni volta
invece di tacere mi passava un braccio o un orecchio da attaccare; mi sa che
devo esercitarmi ancora un po’ con quello sguardo, nel frattempo vado ad
attaccare i piedi a Mister Potato.
A presto!
2 commenti:
Simpaticissimo questo post!!
Un salutone Ste e buona serata*
Grazie! Dopo la giornata di ieri in una piscina in Svizzera ero particolarmente ispirata.
Ciao e buona serata anche a te.
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